La Psicoterapia Biosistemica
Che cos’è la biosistemica
Biosistemica è il nome di un approccio terapeutico integrato a mediazione corporea che riassume in sé le sue dirette ascendenze: la componente biologica e quella sistemica.
Il disagio psicocorporeo è affrontato a partire dall’unità corpo-mente. Questo approccio permette di connettere, nel contesto psicoterapico, gli elementi verbali ai movimenti, alle posture, ai vissuti corporei.
Il suo approccio terapeutico è influenzato da una parte dal modelli neurofisiologico di H. Laborit, E. Gellhorn e G.Edelman e dal modello embriologico. di Boadella e Liss dall’altro dallo sfondo sistemico con le riflessioni di von Bertalanffy, Bateson e Morin e dalla psichiatria fenomenologia: l’intervento terapeutico riprende temi e modi della psichiatria fenomenologica (R. Laing, D. Cooper) e della prospettiva intersoggettiva in psicoanalisi (R. Storolov).
Affronta la problematicità del rapporto mente-corpo in tutta la sua complessità.
Il modello teorico Biosistemico può essere compreso attraverso le sue due componenti: biologica e sistemica.
La componente biologica del modello teorico biosistemico
Si basa sull’idea che ci siano processi fisiologici inconsapevoli che sono alla base delle nostre difficoltà emotive e che questi processi fisiologici debbano essere trasformati. Ci riferiamo alle dinamiche del sistema limbico, considerato il “cervello emozionale” da Paul McLean, ed a tutti i processi cerebrali al di sotto di questo livello subcorticale, che partecipano alla nostra vita esperienziale e comportamentale, ma il cui funzionamento non è direttamente collegato alle aree della coscienza. La psicoterapia Biosistemica parte perciò dalla “radice organica” che, come mostra ampiamente Gerard Edelman, influenza i processi corporei inconsapevoli che si trovano al di fuori del regno della coscienza. Specifiche tecniche, che coinvolgono anche un differente uso del linguaggio, mobilitano e trasformano tali processi fisiologici inconsapevoli, congiuntamente a quelli accessibili alla coscienza, con il preciso obbiettivo di riconnettere i livelli organici profondi con il territorio della parola e dei significati.
Le radici biologiche dei nostri processi emotivi, vengono comprese secondo i concetti di numerosi ricercatori, tra cui due sono cruciali per la sostanza del modello:
Henry Laborit dimostra che un’inibizione prolungata dell’azione crea una serie di squilibri psicofisiologici che possono condurre gradualmente la persona verso uno stato di disagio e patologia psichica e/o fisica. Questo perché quando lo squilibrio diventa cronico abbiamo dal punto di vista neurofisiologico la soppressione dell’adrenalina ed un anormale innalzamento dei corticosteroidi e della noradrenalina (“ormoni dello stress”) e dal punto di vista psicologico e comportamentale, assistiamo all’instaurarsi di un quadro clinico dove ansia e depressione rappresentano le derive psichiche del soggetto.
Una ricerca di Ernst Gellhorn ha dimostrato che le componenti simpatiche e parasimpatiche del sistema nervoso autonomo (SNA) devono lavorare in alternanza al fine di mantenere in salute l’organismo. Quando quest’alternanza si perde si osserva mancanza di coordinazione a livello psicologico e disagio emozionale. Ciò si riflette sul piano emozionale dato che la persona non riesce più a riconoscere, esprimere e soprattuto regolare i propri stati emotivi, con la conseguente sensazione di agitazione, angoscia, congelamento, dolore somatico, ecc.
L’emozione è infatti il sistema risultante dall’interdipendenza degli elementi che lo costituiscono, ovvero pensieri, azioni e sensazioni: ogni disturbo emotivo, quindi, è segno di disconnessione tra questi tre livelli.
La componente sistemica del modello teorico biosistemico
Un contributo della teoria Sistemica è la nozione che i processi fisici e fisiologici sono dovuti alla interazione dei sottosistemi semi-autonomi. Ciò significa, a livello psicologico, che le sensazioni corporee, le emozioni, le funzioni cognitive, le funzioni percettive, l’immaginazione visiva, le espressioni non verbali, e così via, sono tutti sistemi funzionali che devono svilupparsi, ognuno a proprio modo.
Il disagio, la sofferenza o la patologia vera e propria sono frutto della mancanza di regolazione dei sottosistemi: compito del terapeuta è quindi quello di ricostruire le connessioni tra i sottosistemi, coinvolgendoli e utilizzandoli. Nel processo terapeutico si lavora per portare tutti i sottosistemi ad un’interazione funzionale affinchè ci sia un completo sviluppo mente-corpo della persona. Si fa in modo che tutti i materiali clinici siano sempre in co-evoluzione sincronica: affinchè la mobilizzazione corporea sia coerente con la capacità cognitiva di comprensione, e affinche’ il tutto sia sempre vissuto all’interno di una relazione terapeutica sicura. Occorre quindi una grande cura dell’atmosfera relazionale, per il fatto che le condizioni di sicurezza sono il fattore terapeutico da cui non possiamo prescindere.
Campi di intervento della terapia biosistemica
Con la terapia biosistemica è così possibile riflettere ed intervenire non solo sui processi individuali ma anche su livelli più complessi, come le relazioni familiari, o quelle professionali, fino a trattare questioni riguardanti gruppi, comunità e organizzazioni.
Questo è un aspetto originale del modello: l’approccio biosistemico consente infatti di intervenire in contesti di coppia e di gruppo con un modello psicocorporeo che permette di leggere la maggiore complessità dei fenomeni relazionali e di organizzazione, con strumenti che connettono gli elementi verbali allo scenario globale fatto di movimenti, posture e vissuti corporei.