Uscire dalla sofferenza psichica è una questione di “buona volontà”?
Anche questo è un pregiudizio molto diffuso. Le persone che soffrono per motivi emotivi e relazionali hanno spesso l’esperienza di familiari o amici che li invitano “a reagire”, “ad impegnarsi per uscire dalla sofferenza”. In realtà uscire dal disagio non è una questione di buona volontà ma occorre la guida di un esperto così come avviene quando si va dal medico e se ne seguono le indicazioni cliniche.
Spronare i propri cari a reagire alla sofferenza è controproducente perché li fa sentire a disagio se non ci riescono, quindi la loro sofferenza non fa che aumentare.
Se desideriamo aiutare veramente qualcuno a cui vogliamo bene che ci rendiamo conto che soffre è bene che gli consigliamo di recarsi dallo psicologo/psicoterapeuta.
Gestire e superare una sofferenza psichica, emotiva o relazionale non è solo una questione di buona volontà o di impegno o di forza. La persona ha bisogno di acquisire degli strumenti nuovi per potere uscire dal circolo vizioso di pensieri-emozioni-comportamenti che generano il disagio. Finché questi strumenti non vengono acquisti è difficile che il disagio si argini.
In realtà se la persona colpita da qualche sofferenza si attiva per cercare un aiuto specialistico ha già fatto un enorme primo passo verso una presa di consapevolezza della situazione (e della difficoltà di uscirne in modo autonomo) e, quindi, anche verso la reale gestione o soluzione della problematica. In alcuni casi può essere il parente della persona che sta male a “rompere il ghiaccio” richiedendo un colloquio con lo psicoterapeuta in modo da fare una prima presentazione del problema allo specialista e per potere “raccontare” del colloquio al congiunto in modo che possa “prendere coraggio” e recarvisi di persona.